“Le Grida Silenti”: dal 7 febbraio a Milano la mostra Personale di Fabrizio Inglese
Mostra personale di pittura di Fabrizio Inglese a cura di Massimiliano Bisazza “Le grida silenti”
“Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad una palizzata. Sul fiordo nero-azzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura… e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura”. (Cit. Eward Munch)
La pittura espressionista di Fabrizio Inglese è l’estrinsecazione del profondo disagio interiore e del suo tormento, entrambi espressi su tela. Si tratta di ciò che l’artista ama definire i propri “selfie interiori” e lo fa con atteggiamento laconico, in quanto ciò che conta realmente per lui è lasciar parlare i suoi dipinti.
Volti e corpi deformati urlano ma metaforicamente lo fanno in silenzio. Condividono la propria inquietudine e ci narrano i mille aspetti del lato oscuro del pittore, nei quali l’uomo può riconoscersi, anche attraverso la scelta voluta delle tonalità di colori anti-accademici.
E’ assai evidente che nei dipinti di Inglese sia presente un profondo viaggio interiorizzato che percorre ansie, timori ed ossessioni o paranoie ma è oltremodo palese che non vi sia alcuna attenzione verso canoni estetici di nessuna sorta. Si evince che l’”apparire”, tanto agognato nella persistente globalizzazione mondiale odierna di sentimenti e di modus vivendi, non è d’interesse nella poetica dell’artista. Tutt’altro; lui pone l’accento sull’essere e sul divenire.
Osservando i lavori esposti in galleria STATUTO13 l’occhio del fruitore è catturato, polarizzato oserei dire, dall’intenso horror vacui che ne scaturisce e che porta i ricordi a una commistione di influenze inseribili tra la Street Art di Jean-Michel Basquiat e l’espressionismo norvegese tipico di Edvard Munch; ma con ogni probabile declinazione personale e tipicamente ascrivibile allo stile proprio del pittore Fabrizio Inglese.
I volti sembrano teschi, le bocche e i visi sono drammaticamente attorti; quasi si trattasse di pseudo-maschere, eloquenti nel loro riferirsi a una sensazione di intenso cupio dissolvi, che prelude appunto la volontà di lasciarsi andare fino al sonno perpetuo – un rimando aulico alla lezione del Guercino è sicuramente intravedibile, ndr.
In fondo al tunnel però si vede una luce, quella dell’auto-guarigione, dell’auto-terapia che di fatto, nelle Arti visive, ha spesso una potente valenza taumaturgica. Il passaggio dal dolore all’elaborazione conscia dei propri traumi e del vissuto doloroso può condurre alla serenità. Credo più che mai che l’allegoria che sottende a un ipotetico urlo insito nell’anima dell’artista – ma anche di ognuno di noi – sia direttamente proporzionale all’esorcizzazione e ri-elaborazione in senso costruttivo e positivistico che si auspica possa avvenire al termine di un percorso umano e pittorico tanto vigoroso.
La nota scrittrice Marguerite Duras affermava che “Scrivere è anche non parlare. È tacere. È urlare in silenzio” . Dunque si può pensare che questo assunto sia certamente valido in modo omogeneo anche se applicato alla pittura.
DOVE | QUANDO
Galleria d’Arte Contemporanea STATUTO13, Via Statuto, 13 (corte int.), Milano
Opening: 7 febbraio dalle 18,30 alle 21,00. Giorni successivi: dalle h 11 alle h 19 dal martedì al sabato
In mostra fino al 20 febbraio 2018 (mattino)
COSTI
Ingresso gratuito
INFO
Email: info@statuto13.it
Web: www.statuto13.it, www.facebook.com/statuto13
Evento Facebook: www.facebook.com/events/768816113327171