Recensione dello spettacolo “Copenaghen” al Piccolo Teatro di Milano
Pubblichiamo con piacere questo articolo di Sara Brunelli, curatrice del sito web Agenda della Scienza (www.agendadellascienza.it), dedicato a Copenhagen, in scena al Piccolo Teatro di Milano dal 3 al 22 aprile.
In scena al Piccolo Teatro “Copenaghen” dal 3 al 22 aprile
La Compagnia Orsini porta in scena a Milano l’opera dello scrittore Michael Frayn, che ricostruisce il misterioso incontro tra i fisici Niels Bohr e Werner Heisenberg avvenuto nel 1941.
La tournée della Compagnia Orsini (www.compagniaorsini.it) fa tappa a Milano con “Copenaghen”, che sarà in scena al Piccolo Teatro dal 3 al 22 aprile 2018.
Tratta dall’opera dello scrittore e drammaturgo inglese Michael Frayn, la rappresentazione ricostruisce un misterioso incontro avvenuto tra il fisico Niels Bohr e il suo allievo Werner Heisenberg nel 1941.
Misterioso perché, nonostante la documentazione storica dell’incontro, la natura di quel colloquio non è mai stata chiarita.
Non si conoscono le vere ragioni per cui Heisenberg, che collaborava con il regime nazista, si sia recato a Copenaghen, in una Danimarca all’epoca occupata dai tedeschi, a far visita al vecchio maestro, che invece era coinvolto nel Progetto Manhattan.
Le memorie storiche, a cui Frayn ha attinto, riportano versioni discordanti, e sulla vicenda sono state proposte diverse ipotesi.
Proprio le possibili interpretazioni del dialogo tra Bohr e Heisenberg sono al centro di “Copenaghen”.
Nell’opera teatrale vengono proposti diversi incontri tra i due fisici, con diversi andamenti e sovrapposizioni temporali, che illustrano scenari tutti possibili, ma nessuno certo.
Con le sue ricostruzioni l’autore non ambisce a stabilire la verità storica, ma va oltre la cronaca di quell’incontro e coinvolge gli spettatori in una riflessione sulla ricerca scientifica, l’impossibilità di conoscere l’esatto andamento di una vicenda storica, la molteplicità di spiegazioni che possono avere gli eventi, in particolare quelli che coinvolgono esseri umani.
Accanto ai due fisici Niels Bohr (interpretato da Umberto Orsini) e Werner Heisenberg (interpretato da Massimo Popolizio), nella ricostruzione di Frayn c’è anche Margrethe, la moglie di Bohr (interpretata da Giuliana Lojodice).
Sono i tre personaggi che, in un luogo che ricorda un’aula di fisica, danno vita alle molteplici interpretazioni di quel misterioso colloquio avvenuto nell’autunno del 1941.
“Copenaghen” al Piccolo Teatro di Milano: recensione dello spettacolo a cura di Sara Brunelli
Con un tutto esaurito il Piccolo Teatro Grassi ha accolto il debutto milanese dello spettacolo “Copenaghen”, interpretato dalla Compagnia Orsini.
Tra il pubblico un ospite d’eccezione: Michael Frayn, l’autore della pièce teatrale
Perché il fisico Werner Heisenberg fece visita al suo maestro Niels Bohr a Copenaghen nell’autunno del 1941? Di cosa parlarono nella loro passeggiata, da soli, lontano da occhi e orecchi indiscreti?
E’ questa la domanda attorno cui ruota l’opera “Copenaghen”, scritta dal drammaturgo inglese Michael Frayn, che la Compagnia Orsini ha riportato in scena in una tournée nazionale, dopo la prima rappresentazione del 1999.
L’incontro tra i due fisici è realmente avvenuto, ma a distanza di più di settant’anni rimane avvolto in un fitto mistero.
I racconti di amici e colleghi, le biografie e gli scritti autobiografici dei due scienziati, così come le lettere di Niels Bohr pubblicate postume all’inizio degli anni 2000, non hanno fatto luce sul dialogo tra i due fisici, che si trovavano all’epoca su fronti opposti della Seconda Guerra Mondiale.
Heisenberg, tedesco, collaborava con il regime nazista, mentre Bohr, danese e per metà ebreo, fece parte del progetto Manhattan, che portò alla tragica realizzazione della bomba atomica.
Nella sua opera Frayn non cerca di dare una risposta definitiva alla domanda, né di scegliere una tra le tante ipotesi avanzate dagli storici.
Al contrario, mette in scena diverse possibilità di interpretazione di quell’incontro, ricostruendolo più volte e ogni volta aggiungendo particolari e sfumature, che vanno via via delineando le personalità dei due fisici, lo sviluppo della ricerca scientifica di quell’epoca (che a sua volta chiama in causa i più grandi scienziati del ‘900, tra i quali Einstein, Pauli, Fermi), il drammatico contesto storico e sociale della guerra e dell’occupazione nazista in gran parte dell’Europa.
Grazie ai dialoghi incalzanti e alla superba interpretazione di Umberto Orsini nei panni di Niels Bohr e di Massimo Popolizio in quelli di Werner Heisenberg, il pubblico si trova coinvolto in un intreccio di piani temporali ed emotivi, dai quali emergono sia il lato umano dei due fisici, le loro vicende familiari e i drammi personali nel mettere la loro scienza a servizio dell’impresa bellica, sia le domande ancora oggi attuali, che prescindono da quell’incontro del ’41, sulla possibilità di ricostruire fedelmente la realtà dei fatti o interpretare correttamente i pensieri dell’essere umano.
Come spiega il regista Mauro Avogadro, “Copenaghen è quasi un processo privato a porte chiuse.
Porte che di continuo si aprono proiettando i personaggi verso luoghi ed azioni del passato.
Luoghi mentali, forse, ma per tutti noi reali: la bomba atomica, il genocidio, la funzione positiva, e al tempo stesso, pericolosa, della scienza”.
Accanto a Bohr e Heisenberg c’è un terzo personaggio che si muove elegantemente sul palco: è Marghethe, la moglie di Bohr, magistralmente interpretata da Giuliana Lojodice.
Marghethe, naturalmente, non assistette all’incontro tra il marito e il suo allievo, ma la sua presenza è preziosa per ricostruire i molteplici scenari proposti da Frayn.
E’ per lei, che non è uno scienziato, che Bohr chiede ripetutamente ad Heisenberg di parlare con termini semplici, perché “la scienza non è per noi, è per tutti”.
E’ lei che interpreta gli stati d’animo del marito e la sua difficoltà a capire le ragioni che riportarono Heisenberg a Copenaghen, per quel famoso incontro che segnò la fine dell’amicizia tra i due fisici.
E’ a lei che avviene affidato il compito di strappare un sospiro di sollievo al pubblico quando, probabilmente perso nelle dissertazioni di Borh e Heisenberg sulla fissione nucleare, propone “Qualcuno gradisce un te?”.
Dopo essersi lasciati coinvolgere e appassionare dallo spettacolo, pur accettando l’impossibilità di conoscere i dettagli del famoso incontro, viene spontaneo chiedersi quanto ci sia di vero nelle ricostruzioni fatte da Michael Frayn.
Lo stesso autore, che fu duramente attaccato all’epoca della pubblicazione di Copenaghen, nel 1998, cerca di rispondere nei lunghi Post Scriptum e Post Post Scriptum della sua opera, che comprende anche una bibliografia delle fonti storiche a cui ha fatto riferimento.
Lo fa citando le parole dello stesso Heisenberg, che a sua volta citava lo storico greco Tucidide, secondo il quale non è possibile ricostruire alla lettera, con le esatte parole, dialoghi realmente avvenuti.
Quello che è possibile fare, con il massimo dell’onestà intellettuale, è riportare i discorsi e le azioni in modo che “seguano il più possibile il filo del ragionamento dei protagonisti originali”.
Credits immagine di copertina: foto di Roman Mager via unsplash.com
DOVE | QUANDO
Largo Greppi 1, Milano – Dal 3 al 22 aprile 2018
COSTI
Platea: Intero € 33,00 | Ridotto giovani e anziani € 21,00 | Bambini € 12 Balconata: Intero € 26,00 | Ridotto giovani e anziani € 18,00 | Bambini € 12
INFO
https://www.piccoloteatro.org/it/2017-2018/copenaghen
Sara Brunelli
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