L’Arco della Pace di Milano: storia, curiosità e aneddoti in una visita guidata sulle orme di Hemingway
Nel suo capolavoro “Addio alle Armi”, Ernest Hemingway racconta la Milano della Belle Epoque, tra serate nei caffè storici in Galleria Vittorio Emanuele II, passeggiate in Duomo con l’amata Catherine e pomeriggi di corse all’Ippodromo di San Siro. Partecipa alle visite guidate a cura di Milanoguida.
L’8 febbraio 1806, qualche anno dopo la demolizione delle fortificazioni cinque-seicentesche, il consiglio di Milano decise di erigere un Arco di Trionfo sul noto disegno del Marchese Luigi Cagnola: l’intento era quello di aprire un nuovo ingresso alla città in corrispondenza della strada del Sempione.
Da queste parti, molto tempo dopo, passò anche un giovanissimo Hemingway: lo scrittore americano arrivò alla Stazione Garibaldi di Milano, il 7 giugno del 1918, e diventò operativo come guidatore d’autoambulanza. Ma riprendiamo la storia dall’inizio: seguiteci!
L’Arco di Trionfo, concepito per festeggiare la vittoria francese nella battaglia di Jena, fu realizzato a partire dall’autunno del 1807 e divenne testimone del declino napoleonico.
Già nel 1812 l’idea cominciava a essere fuori luogo, vista la terribile ritirata di Russia, in cui avevano trovato la morte moltissimi giovani lombardi partiti con la Grande Armée.
Tornati gli austriaci a seguito della abdicazione del Bonaparte, nel 1814, si decise di ultimare il monumento, che però avrebbe dovuto celebrare l’imperatore Francesco I d’Asburgo, pacificatore dopo un ventennio di guerre incessanti.
Rispetto alla concezione originaria dell’opera, si decise di inserire nuovi bassorilievi – ad esempio fu aggiunto quello relativo al Congresso di Vienna – e soprattutto di aggiungere la cosiddetta “Sestiga della Pace”, grandioso gruppo scultoreo in bronzo composto da sei cavalli che trainano un carro finemente decorato su cui si erge Minerva con i simboli della Pace.
Non più “arco della Vittoria” ma Arco della Pace, dunque: nel 1826 venne ripresa la riedificazione dell’edificio, a cura ancora di Luigi Cagnola che, dopo aver lavorato per Napoleone, passò al servizio dell’Austria.
L’architetto milanese non poté mai ammirare l’opera finita: dopo la sua morte, nel 1833, la direzione dei lavori passò nelle mani di Carlo Giuseppe Londonio che lo completò nel 1838, in tempo perché alla cerimonia di inaugurazione – avvenuta il 10 settembre di quell’anno – partecipasse Ferdinando I, Imperatore d’Austria e re del Lombardo-Veneto.
Una piccola curiosità: in origine l’enorme sestiga di bronzo, opera dello scultore Abbondio Sangiorgio, era rivolta verso la Francia.
Col mutare degli orizzonti politici e il passaggio di Milano all’Austria, però, la sestiga fu ruotata verso la città. Per farsi beffa dei francesi, infatti, i cavalli furono fatti ruotare su ordine degli Asburgo di 180 gradi affinché il fondoschiena fosse orientato verso la Francia!
Hemingway e l’Arco della Pace
Va anche ricordato come in “Festa mobile”, autobiografia di Ernest Hemingway pubblicata nel 1964 (tre anni dopo la morte dello scrittore statunitense) è riportata la convinzione che l’Arco delle Pace sia allineato con l’Arco di Trionfo del Carrousel e con l’Arco di trionfo dell’Etoile di Parigi: in realtà non esiste alcun allineamento reale dei tre monumenti!
Hemingway venne in Italia come volontario della Croce Rossa e proprio a Milano fu ricoverato in ospedale, ferito – nella notte dell’8 luglio 1918 – dallo scoppio di una granata durante i combattimenti sul Piave.
Ancora oggi in via Armorari una targa commemora la presenza di Hemingway in città nel 1918: al terzo e quarto piano dell’edificio si trovava al tempo la sede dell’ospedale della Croce Rossa americana, che fungeva da centro di addestramento e unità di mobilitazione per le infermiere operanti in Italia.
Secondo quanto si legge sulla targa, fu lì che “nacque la favola vera di Addio alle armi”, in cui si racconta l’amore tra un’infermiera inglese e un guidatore di ambulanze americano sul fronte italiano.
Ernest Hemingway e il Duomo di Milano
A dire il vero, nel difficile periodo della permanenza in Italia, Hemingway ebbe modo di apprezzare anche un altro monumento simbolo della città, il Duomo di Milano.
In una lettera scritta ai genitori e datata 29 luglio 1918 si legge «Dalla veranda riusciamo a vedere la sommità della Cattedrale del Duomo Di Milano. E’ molto bella. Come se contenesse una grande foresta».
Ed alla città di Milano, molto cara al suo ricordo, lo scrittore dedicò alcune bellissime righe proprio nel romanzo Addio alle armi: “Ci piaceva star fuori in Galleria, i camerieri andavano e venivano (..) ogni tavolo aveva la sua lampada col piccolo paralume…” e ancora “Arrivammo al Mercato e poi ai portici e alla piazza del Duomo: la piazza era piena di tram; al di là dei binari sorgeva bianca e umida nella nebbia la Cattedrale (..) nella piazza la nebbia era densa; la Cattedrale pareva enorme sotto la facciata; ed era umida veramente la sua pietra, (…). Arrivati in fondo alla piazza ci voltammo a guardare il Duomo, era bellissimo nella nebbia”.
Visita guidata letteraria di Milanoguida sulle tracce dello scrittore
Milanoguida organizza periodicamente visite guidate dedicate a Hemingway a Milano, che ripercorrono la vicenda letteraria e biografica del grande autore americano del Novecento.
La visita guidata su Hemingway a Milano (durata: un’ora e tre quarti circa) è un viaggio nella vita intima di un uomo che ha saputo fondere in maniera magistrale esperienza e capacità di narrare, restituendo capolavori intramontabili della letteratura moderna.
Per altre informazioni sulle visite letterarie guidate dedicate allo scrittore, o per assistenza in fase di prenotazione, contatta Milanoguida ai recapiti seguenti:
- E-mail: info@milanoguida.com
- Telefono: 02 3598 1535 (attivo dal lunedì al venerdì ore 9.00-12.30 e 14.30-18.00 e nel weekend ore 9.00-17.00)
Quota di partecipazione: 14€ a persona (per questa attività non sono previste riduzioni).
Consulta il calendario delle prossime visite: sarai accompagnato da una guida laureata in storia dell’arte.
Paolo Vanadia