Testo intenso di uno degli autori più rappresentati in Francia dopo Molière, “Giusto la fine del mondo” ha molto in comune con il linguaggio del celebre drammaturgo seicentesco per la capacità di indagare le relazioni intime fra le persone, i legami non sempre facili che uniscono i membri di uno stesso gruppo familiare. Un ponte immaginario fra due secoli, il ‘600 e il ‘900, che fa emergere una base di partenza comune: lo studio dell’uomo nella relazione con l’altro, declinato nelle sue diverse forme.
Jean-Luc Lagarce – Foto da institutfrancais-firenze.com |
Un uomo torna a casa, dalla sua famiglia, per comunicare che presto morirà. Se ne andrà senza averlo detto, ma l’incontro con la madre, la sorella, il fratello e la cognata, sarà per tutti l’occasione per rivelarsi. Tutti, tranne Louis, tornato proprio per dichiarare qualcosa, diranno ciò che mai hanno avuto il coraggio neppure di sussurrare. Così tra ricordi sbiaditi, speranze deluse e dinamiche impietose, entriamo nella verità di questa famiglia, che è la nostra famiglia che è tutte le famiglie. Luogo di sicurezza, ma anche di rancori, di rimpianti, di aspettative, di gelosie.
Qui c’è tutto e il contrario di tutto. Giusto la fine del mondo non è un testo, è un luogo dove accade ogni cosa.
Un oceano infinito di parole che i protagonisti, con echi beckettiani, ma con una vis tragica che sconvolge, riversano l’uno sull’altro, eppure si avverte solo il silenzio e l’impossibilità di dirsi davvero qualunque verità. Louis, il protagonista, è in realtà una figura defilata, quasi assente, potrebbe non esserci, forse è già morto. Nulla accade, eppure alla fine nulla è più come prima, tutto è mutato, per sempre.
Così ci ritroviamo là, giusto alla fine del mondo, alla fine della vita, alla fine di questa menzogna. La catarsi c’è, come in ogni tragedia che si rispetti, e noi la viviamo. Ma non è alla conclusione, come vuole Aristotele, bensì durante, nelle parole violente, nella forza che i protagonisti trovano per dirsi, per rivendicare lo spazio che mai hanno avuto, per cercare di avere quell’attimo di amore e gioia che sentono negato. Alla fine invece no. Si resta come sospesi. In un oblio. Restano i passi sul selciato, la fuga. Il ritorno.
Paolo Vanadia
NOTE
Giusto la fine del mondo, di Jean-Luc Lagarce, coproduzione Murmuris – AttoDue
regia Simona Arrighi, Laura Croce
con Luisa Bosi, Laura Croce, Sandra Garuglieri, Roberto Gioffrè
allestimento Francesco Migliorini
musiche a cura di Luigi Attademo
con il sostegno di Nuovi Mecenati, nouveaux mécenes Fondazione franco – italiana di sostegno alla creazione contemporanea